Legge di bilancio 2021: l’esonero contributivo per i lavoratori autonomi

Legge di bilancio 2021: l’esonero contributivo per i lavoratori autonomi

Le Legge di bilancio 2021 (articolo 1, comma 20, L. 178/2020), al fine di ridurre gli effetti negativi causati dall’emergenza epidemiologica da Covid-19 sul reddito dei lavoratori autonomi e dei professionisti e di favorire la ripresa della loro attività, ha istituito un fondo, dell’importo di 1.000 milioni per l’anno 2021, per finanziare l’esonero dai contributi previdenziali dovuti dai predetti soggetti.

Sotto il profilo soggettivo possono beneficiare dell’esonero contributivo gli iscritti:

  • alle gestioni previdenziali dell’Inps (solo lavoratori autonomi);
  • agli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza di cui al D.Lgs. 509/1994 (a mero titolo esemplificativo cassa forense, CNPADC, ENPACL) e Lgs. 103/1996 (casse istituite per i professionisti iscritti agli Albi ma privi di una cassa previdenziale di categoria, ad esempio biologi e psicologi).

Inoltre, occorre sottolineare che, per espressa previsione normativa, sono esonerati dal pagamento dei contributi previdenziali i medici, gli infermieri e gli altri professionisti e operatori di cui alla L. 3/2018, già collocati in quiescenza e assunti per l’emergenza derivante dalla diffusione del Covid-19.

Il beneficio in commento, tuttavia, è subordinato all’integrazione di due requisiti previsti dalla normativa. Infatti il lavoratore autonomo o il professionista possono accedere al fondo per l’esonero contributivo a condizione che abbiano:

  • percepito nel periodo d’imposta 2019 un reddito complessivo non superiore a 50.000 euro.
  • subìto un calo del fatturato o dei corrispettivi nell’anno 2020 non inferiore al 33 per cento rispetto al 2019.

In riferimento al requisito reddituale potrebbero emergere delle criticità legate alla determinazione del reddito dei soggetti che adottano il regime forfettario, nell’ipotesi in cui l’Agenzia delle Entrate dovesse estendere alla previsione in commento l’interpretazione fornita con la circolare 25/E/2020.

In particolare, l’Amministrazione finanziaria, rispondendo ad un quesito posto in merito alle modalità di calcolo della riduzione di reddito ai fini della spettanza dell’indennità ex articolo 84, comma 2 del decreto Rilancio, ha affermato che:

  • la misurazione dello scostamento del reddito e l’attribuzione della nuova indennità prescinde dal regime contabile adottato dal professionista (sia esso regime ordinario o regime forfetario)”;
  • (ciò in quanto) “il regime forfettario previsto dall’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge di stabilità per il 2015 e successive modificazioni, rileva… su un piano diverso e cioè ai fini della determinazione dell’imposta dovuta dal professionista e delle semplificazioni contabili previste anche ai fini delle imposte dirette”.

L’auspicio è che l’Amministrazione finanziaria non estenda tale interpretazione anche all’agevolazione in commento, in considerazione del fatto che:

  • le dichiarazioni fiscali relative al periodo d’imposta 2019 sono già state presentate e quindi sono già disponibili i dati reddituali;
  • i contribuenti forfettari sarebbero obbligati al ricalcolo del proprio reddito in forma analitica senza peraltro aver obblighi di natura contabile.

Ad avviso di chi scrive tale problematica non si dovrebbe porre in quanto l’interpretazione fornita dall’Amministrazione finanziaria trae origine dalla formulazione dell’articolo 84, comma 2 del D.L. Rilancio, secondo la quale il reddito deve essere individuato come “differenza tra i compensi percepiti e le spese effettivamente sostenute nel periodo interessato e nell’esercizio dell’attività, comprese le eventuali quote di ammortamento”, mentre la norma in commento si limita ad affermare che il reddito complessivo deve essere inferiore o uguale a 50.000 euro.

Un altro aspetto dubbio riguardante la disposizione in commento riguarda proprio la tipologia di reddito da prendere in considerazione ai fini della verifica del superamento della soglia: ci si domanda se inferiore o uguale a 50.000 euro debba essere il reddito complessivo del contribuente o soltanto il reddito professionale.

La volontà del legislatore, utilizzando il termine tecnico “reddito complessivo”, sembrerebbe riferirsi al disposto dell’articolo 8, comma 1, Tuir, secondo cui “il reddito complessivo si determina sommando i redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo e sottraendo le perditederivanti dall’esercizio di arti e professioni”.

Tuttavia, occorre sottolineare che l’agevolazione in commento è riservata ai lavoratori autonomi e quindi sarebbe stato naturale il riferimento al reddito di lavoro autonomo, a meno che il legislatore non intenda escludere dal beneficio quei lavoratori autonomi che, seppur abbiano subito un forte calo di fatturato nel periodo d’imposta 2020 rispetto al 2019 (superiore o uguale al 33%), hanno potuto disporre di redditi appartenenti ad altre categorie di un ammontare complessivo superiore a 50.000 euro.

Stefano Rossetti Vedi tutti gli articoli dell’autore

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