Il lavoro sportivo dilettantistico e il codice del terzo settore – II° parte

Il lavoro sportivo dilettantistico e il codice del terzo settore – II° parte

Dopo aver esaminato, con il precedente contributo, l’orientamento della Suprema Corte, esaminiamo ora alcune recenti sentenze di merito, sempre in tema di rapporto di lavoro sportivo dilettantistico.

La prima è la sentenza della Corte d’Appello di Milano (Sezione lavoro) n. 121 del 10.04.2019. Anche in questo caso una società sportiva dilettantistica aveva proposto appello avverso la sentenza del Tribunale che aveva rigettato l’opposizione a verbale di accertamento e conseguente cartella esattoriale di pagamento Inail ed avviso di addebito Inps. Ci si riferiva ad un istruttore di fitness e una addetta alla segreteria.

La società opponente contestava la debenza delle somme in quanto operava il regime di esenzione contributiva  ex articolo 67 Tuir, trattandosi di compensi qualificabili come redditi diversi.

Il Giudice di prime cure aveva negato ingresso alla tesi dell’opponente, rilevando nel caso di specie “una vera e propria attività professionale” idonea ad escludere l’applicazione del regime di favore.

Il requisito della professionalità era rinvenuto

  • nel caso dell’istruttore di fitness, nella correlazione tra il tipo di pratica sportiva, fitness, e la preparazione e competenza tecnico-scientifica dell’istruttore, laureato in scienze motorie,
  • nel caso dell’addetta alla segreteria, dallo svolgimento della prestazione in via esclusiva ed in modo continuativo da oltre cinque anni.

Il Collegio riteneva fondato l’appello.

Dal compendio normativo esaminato, la Corte d’Appello evinceva l’esistenza di un regime di favore che assiste le erogazioni effettuate da società ed associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal Coni a fronte dello svolgimento di attività sportiva dilettantistica, da intendersi per tale non solo quella agonistica o funzionale alla stessa ma anche quella ad essa afferente, preparatoria e strumentale.

Il regime prevede che i compensi menzionati debbano essere considerati “diversi“, e se le somme percepite non superano la soglia massima fissata, non concorrono a formare l’imponibile di reddito.

Per la classificazione quali redditi diversi devono, a parere del Collegio, ricorrere sia il presupposto soggettivo, costituito dalla natura dilettantistica dell’ente sportivo erogante, sia il requisito oggettivo, dato dalla “corrispettività” all’esercizio diretto di attività sportiva dilettantistica.

La disciplina praticata dall’associazione non rientra tra quelle riconducibili al professionismo sportivo, pertanto i relativi collaboratori non “possono essere assoggettati alla disciplina contenuta nella legge n. 91/1981”  ovvero non sono sportivi professionisti.

Il Giudice di primo grado, proseguiva il Collegio, aveva escluso l’applicazione dell’esenzione ravvisando il requisito della professionalità nello svolgimento della prestazione ricavato dalla preparazione e competenza specifica del soggetto, laureato in scienze motorie, dalla continuità della prestazione e dalla misura del compenso.

L’argomento non era condiviso dal Giudice di appello che osservava che la non professionalità, quale condizione di esenzione, è richiesta solo per le bande musicali e filodrammatiche e non per le collaborazioni in ambito sportivo dilettantistico:ciò che conta è che  le collaborazioni vengano svolte in favore di organismi che perseguono finalità sportive dilettantistiche riconosciuti dal Coni o dagli enti di promozione…“.

Le relative prestazioni, proprio in virtù della natura del beneficiario delle stesse, “non possono assumere i caratteri della professionalità proprio perché inserite in un contesto qualificato dal riconoscimento di un organo pubblico… quindi una sorta di presunzione del carattere non professionale delle prestazioni in esame“.

In relazione ai collaboratori   amministrativo- gestionali, la sentenza in rassegna valutava il relativo rapporto ai fini del godimento del regime agevolativo come non professionale perché non esigeva “conoscenze tecnico-giuridiche direttamente collegate all’attività di lavoro autonomo esercitata abitualmente. Pertanto “la raccolta di iscrizioni, la tenuta della cassa o della contabilità da parte di soggetti non professionisti ha natura non professionale“.

L’appello era accolto per l’insussistenza delle pretese contributive azionate e, per l’effetto, veniva annullata la cartella esattoriale e l’avviso di addebito opposti .

Questa decisione sembra confermare la tendenza, già da tempo presente nella Giurisprudenza di merito (e nella prassi amministrativa – circolare Ispettorato Nazionale del Lavoro 1/2016) di ritenere il rapporto di lavoro sportivo come categoria “speciale” e, come tale, non riconducibile a nessuno dei criteri ermeneutici del lavoro autonomo o subordinato. Fino ad oggi, però, come abbiamo visto, tale orientamento non è ancora accolto dalla Cassazione.

Guido Martinelli Vedi tutti gli articoli dell’autore

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